“Azzurra lontananza” la chiama Herman Hesse.
E’ strano come si apprezzi maggiormente quanto lontano da noi.
Le cose vicine, invece, quelle che sono lì, a portata di mano, quelle che guardi fugacemente, ormai senza più attenzione, quelle che l’abitudine rende scontate, diventano ai nostri occhi quasi prive di valore e sostanza.
Il motivo, forse, risiede nel potere che esercita su di noi la meraviglia della scoperta.
La curiosità del viaggio porta con sé lo stupore colorato di orizzonti lontani e una caleidoscopica magia, quella dell’attesa, della sospensione che prelude alla speranza di una inaspettata sorpresa.
“La vicinanza” sottrae fascino e seduzione a ciò che invece, se solo osservassimo con sguardo diverso, risulterebbe traboccante di pregi.
La felicità è in un presente del quale si avverte nostalgia..La felicità è in un vicino a noi che non perde la sua “azzurra” bellezza.
Esiste una soluzione, c’è una chiave che può riaprire la porta al piacere per le cose vicine, quelle che vediamo ogni giorno, quelle che per nostra inconsapevole scelta priviamo di pregio e valore: dobbiamo trasformarci in “Viandanti” capaci di riscoprire, lentamente, cammini reali e simbolici tragitti, guardandoli con occhio nuovo, “straniero”!
E allora, viviamo come Viandanti, con lo sguardo che rinnova il suo stupore ad ogni meraviglia..
“L’azzurra Lontananza” di Herman Hesse
“Negli anni della mia prima giovinezza ho sostato spesso, solo, sulle alte montagne, e il mio occhio indugiava a lungo nella lontananza, nella vaporosa foschia trasfigurante delle ultime delicate alture, dietro alle quali il mondo affondava in un’infinita azzurra bellezza. Tutto l’amore della mia fresca anima bramosa confluiva in una grande nostalgia e si mutava in lacrime, mentre l’occhio beveva con sguardo ammaliato la soavità del lontano azzurro. La vicinanza delle cose patrie mi pareva fredda, dura e chiara, senza alito e mistero; al di là, invece, tutto era accordato su toni soavi, traboccante di melodia, di enigma e di seduzione.
Da allora sono diventato Viandante. Io sono stato su tutte quelle lontane alture vaporose. E ora questo io chiamo felicità: tendersi in avanti, scorgere distese d’azzurro nella lontananza serale e dimenticare per alcune ore la fredda prossimità. Per me felicità è ora, diversa dunque da come la mia giovinezza intendeva, una sensazione imprecisa di calma e di solitudine, bella e tuttavia non gioiosa.
…perciò mi pare auspicabile l’arte di donare la devozione e l’amore che noi amiamo serbare alle bellezze lontane sfuggenti, anche alle vicine e abituali. Senza per questo reputare meno santi il sole del mattino e le stelle eterne, possiamo nondimeno prestare un delicato profumo e un fulgore anche alle cose che ci sono più prossime e che paiono più piccole proprio risparmiandole, sfiorandole lievemente non togliendo loro quel tanto di poesia che pure possiede tutto l’esistente.
E’ un’arte questa che non si apprende in nessun’altra scuola se non in quella della rinunzia. Nel tuo paese non sei contento? Ne conosci altri più belli, più ricchi e più caldi? Allora viaggia inseguendo la tua nostalgia.
L’intensa nostalgia delle origini della vita, il desiderio di corrispondenza con ciò che vive, crea e cresce e di sentirsi un’unità con esso, è la chiave che dischiude segreti del mondo. E questi segreti non si inseguono solo viaggiando in Paesi stranieri, ma anche inserendosi nel ritmo della vita quotidiana e vivendola con avidità e soddisfazione”. H.H